Non puoi non farci caso, te le trovi proprio lì, sotto il naso: assorta cammini lungo il viale di sempre, quello dove svolti venendo dal centro, sulla destra c’è una scuola, un palazzone dalla grigia facciata anonima come questo tuo andare verso casa nell’aria gelida stamani, hai freddo alle mani e non solo, la punta degli scarponi è bagnata, ma reggono ancora, anche se ne hanno calpestate di strade finora…questo viale è tutto buche, dissesto totale, ma qui sta il bello: quattro, cinque, sei pozze d’acqua, un universo a parte ed è come guardare un quadro. Ci si specchia il cielo plumbeo, le ultime foglie ingiallite penzolanti da braccia di alberi che conosci da sempre, un quarto di facciata della suddetta scuola, è una cartolina, regalo inaspettato stamattina.
Pozzanghere, in una ci va a bere un passerotto, nell’altra brilla una perla di luce, in quella più lontana ci vedi riflessa la fata Morgana… pozzanghere, che sarà mai?
Eppure ti fermi, addossata al muretto, estrai dalla borsa il cellulare e fai qualche scatto, un tizio ti affianca distratto, bofonchia, borbotta, magari ti prende per matta. Ma non t’importa, tu adori i matti, gli strambi, nessun ci sarà che ti cambi, lasci andare chi ha fretta, tanto a casa solo ti aspetta la gatta matta che di coccole non è mai soddisfatta. Sosti, respiri, gliene farai a gogò, ma ora no, ora ti fermi e resti ancora un po’ ad ammirare le pozzanghere, a immergerti nel loro incredibile, fantasmagorico mondo rovescitao. E ringrazi il creato.