Reinterpretare una fiaba, un mito… è una sfida che mi affascina da sempre.
Rosaspina, la “bella addormentata”, il malefico incantesimo, il muro di rovi che blocca ogni accesso, il grande sonno, lei che aspetta… Ma cosa aspetta? Chi aspetta? Il “principe” che la “risvegli”…
Ora c’è da chiedersi: e se ‘sto tizio non arriva? Se non trova la strada? Se non riesce a superare gli ostacoli? Se perde interesse, si stanca e punta su “cose” più facili?
Lei dorme. Questo è un dato di fatto. Vive, ma in altra dimensione. Chissà dove, chissà che combina nel sonno. In fondo, il sonno è pieno di messaggi, di storie, pari ad uno spettacolo teatrale. Lei ci sta bene, nel sonno. Placida, bellissima, sorride. Sta in un “altrove”. Perché allora dovrebbe “risvegliarsi?” Ma soprattutto, demandare ad un altro il proprio “risveglio”?
La mia Rosaspina non dorme. Almeno in apparenza. A volte dorme ad occhi aperti. Di punto in bianco, “parte” e non c’è più per nessuno. Alcuni (pochissimi), se ne accorgono. E glielo fanno notare. Ma tanto, lei così è. E se li gode i suoi momenti di “altrove”, quelli in cui chiude tutto il mondo fuori e cerca il contatto col profondo, scende dentro sé per il bisogno di scoprire la sua vera essenza, cosa per nulla facile (ma -si sa- a lei non piacciono le cose facili).
La mia Rosaspina sta percorrendo una strada, o meglio un sentiero, uno di quelli che le piacciono, un sentiero nel bosco, a contatto con la Madre Terra e le creature vegetali e animali che lo popolano, i pericoli, gli ostacoli, i blocchi, le soste alla fonte, il greto del torrente, i sassi su cui inciampare e sbucciarsi le ginocchia, per poi rialzarsi e proseguire. Non possiede castelli, né letti a baldacchino, né servitù dorata. Ha imparato a badare a se stessa, a conviverci. In passato ha ingoiato tanto amaro, si è sentita inadeguata, estranea, fuori posto… ora prova a stimarsi, a rispettarsi, ad amarsi, ad accettarsi così com’è. Sa di non essere sola. Altre anime condividono con lei il cammino. A volte le incrocia, ed è un toccasana reciproco, si forma una rete invisibile ma tenace, indissolubile, a cui sente di appartenere. Può capitare che l’angoscia le attanagli la gola, allora lascia che le lacrime scendano a fiumi e lavino via il dolore, può capitare che abbia voglia di urlare al cielo al mare all’Universo… che senta la lupa selvaggia dentro di lei lanciare il noto richiamo. Lascia che urli, ululare fa bene, ululano insieme… E prosegue. Cercando di rimanere nel “qui” e “ora”.
Ora è nel bosco. Se “lui” vorrà venire, qui la troverà.
Rosaspina
Son qua, sono sola, ti aspetto da tanto
del cuore selvaggio non senti il mio canto?
Eppure lo so che tu esisti davvero
forse smarrito hai soltanto il sentiero
che vuoi che io faccia, che segni il terreno
coi ciottoli bianchi di cui intorno è pieno?
Mi unisco al concerto di voci del bosco
allargo le braccia, volteggio, mi accosto
alla limpida polla ove beve il serpente
che scatta al mio arrivo, si dilegua repente
m’inginocchio ed immergo a coppa le mani
le arse mie labbra disseto – “Rimani!”-
la Madre Terra lancia un richiamo
geme la tortora, posata su un ramo
freme la felce, lo scoiattolo balza
del verde tappeto farò la mia stanza
le forre profonde saran la mia culla
la notte le stelle per tetto, poi nulla
muri di rovi non alzo alle spalle
guadare puoi il fiume, risalire la valle.
Se un giorno davvero a cercarmi verrai
avanza deciso nel folto, e mi avrai.