Dice Daniel Pennac in “Come un romanzo” (Feltrinelli 2002): “Quel professore non inculcava un sapere, regalava quel che sapeva. Non era tanto un professore, quanto un maestro trobadorico – uno di quei giullari delle parole che popolavano le locande del cammino di Compostela recitando le canzoni di gesta ai pellegrini illetterati… La cosa più importante era che ci leggesse tutto ad alta voce! La fiducia che riponeva di primo acchito nel nostro desiderio di capire… L’uomo che legge ad alta voce ci eleva all’altezza del libro. Dà veramente da leggere!”
Concordo che la lettura ad alta voce abbia qualcosa di magico, trascinante… Risento vivissima la voce della mia maestra delle elementari (a cui ho dedicato un racconto): il sabato ci leggeva sempre brani da vari libri. Mi si è stampata nella mente e nel cuore la mattina in cui iniziò “La capanna dello zio Tom”. La sua voce leggermente roca si alzava di tono, emozionandosi ed emozionando nei punti salienti della narrazione. Mi sfilavano davanti agli occhi delle immagini, esattamente come in un film: vedevo la giovane negra Elisa insieme al piccolo figlio fuggire dal suo aguzzino, saltando coi piedi insanguinati sui lastroni ghiacciati del fiume Ohio, sorretta dalla forza eroica dell’amore…
Insostituibile è la voce dei genitori che leggono una fiaba al bimbo, la sera, nell’atmosfera ovattata della stanzetta di lui… Altro che parcheggiarli davanti a un cartone! Si può stare certi che il bambino conserverà dentro sé l’incanto di quei momenti e magari lo rispolvererà un giorno coi propri figli…
Inoltre, la lettura ad alta voce di un testo scritto da noi può aiutarci a smussarne le impurità, a eliminare le ripetizioni, ad accorgerci se il ritmo fila via liscio oppure no, se dobbiamo operare dei tagli, ecc.
A parere mio – e non solo – non si può scrivere senza avere letto.
Le mie prime letture? Emilio Salgari, innanzitutto: amavo l’avventura! Mi affascinavano le descrizioni di quel mondo lussureggiante, lontano, popolato da creature dal nome misterioso… ricordo un animale di cui si parlava spesso dentro quelle pagine: il “babirussa”! Non mi chiedevo cosa fosse, che aspetto avesse, capivo dalle descrizioni che in realtà era una specie di maiale selvatico, mi incantava soprattutto il nome… il suono di quelle quattro sillabe. Tra i personaggi il mio preferito è sempre stato non quel macho di Sandokan, ma l’ironico portoghese Yanez, con l’eterno sigaro tra le labbra, la sua arguzia e simpatia… Tra i libri più amati: “Ivanhoe”, “L’isola del tesoro”, “I tre moschettieri”, “Robin Hood”… Adoravo poi i romanzi di London, primo fra tutti “Zanna bianca”, specie le pagine iniziali con la descrizione in cui il cucciolo si affaccia per la prima volta dalla tana alla scoperta del mondo…
Tra i regali delle mia Prima Comunione, uno dei libri più graditi fu “Piccole donne” di L.M. Alcott: per una bimba schiva e solitaria come me, le quattro sorelle March rappresentavano delle amiche deliziose, specialmente Jo, la maschiaccia del gruppo (non a caso la scrittrice)… Mi comprarono in seguito gli altri volumi: “Piccole donne crescono”; “Piccoli uomini”; “I ragazzi di Jo”; ecc.) ma nessuno reggeva il confronto col primo. Poi ho amato “Pollyanna” di Eleanor Porter, la piccola orfana che viene a vivere da una zia inizialmente rigida e amareggiata e rivoluziona tutta la sua vita. Pollyanna, col suo “gioco della felicità” insegnatole dal padre (gioco educativo non solo per i bambini).
Merito del mio professore del liceo fu di averci aperto l’orizzonte della grande letteratura italiana: conservo come un tesoro i cofanetti delle opere di G: Verga (contenenti “I Malavoglia” e “Mastro don Gesualdo”, ma anche tutte le novelle), quello coi racconti di C. Pavese, di cui lessi in seguito “La luna e i falò”, “Paesi tuoi”,”Prima che il gallo canti”, “La bella estate”… e inoltre conobbi all’epoca C. Cassola con “La ragazza di Bube”, Ignazio Silone con “Vino e pane” e “Il segreto di Luca”, D.Buzzati con “Il deserto dei tartari”, V. Pratolini con “Metello”. Fu allora che scoprii (innamorandomene perdutamente) Pirandello, le sue incomparabili novelle e testi irripetibili come “Il fu Mattia Pascal”, “Uno, nessuno, centomila”, “Sei personaggi in cerca di autore”… Ma il prof. ci consigliava anche stranieri come Hemingway, di cui lessi “I 99 racconti”, poi “”Addio alle armi”, “Fiesta”, “Verdi colline d’Africa”, “Morte nel pomeriggio”…e Steinbeck coi suoi”Pian della Tortilla”, “La luna è tramontata” nonché gli splendidi racconti de “I pascoli del cielo”. Mentre a un prof. da cui andavo a lezioni private di Latino, devo la conoscenza di W.S.Maugham con “Il velo dipinto” e “Il filo del rasoio” e un racconto meraviglioso di Steinbeck: “La perla” che mi regalò dalla sua biblioteca e ancora possiedo.
In seguito approfondii la conoscenza della grande letteratura russa: Dostoevskij, Tolstoj, Gogol…, francese: Zola, Proust, Flaubert, Maupassant… inglese: Bronte, Woolf, James, ecc.ecc. (per citare solo i classici).
Personalmente ho un rapporto fisico col libro: mi piace toccarlo, sfiorarlo, annusarlo, infilare petali di fiori o foglie essiccate fra le pagine o regalar loro segnalibri dipinti da me all’acquerello, prendere appunti a margine, sottolineare i brani più toccanti, magari una frase o un sostantivo che considero esaltante…
Adoro le biblioteche, la varietà cromatica degli scaffali risultante dall’accostamento delle copertine… Ancora oggi non esiste regalo da me più gradito di un buon libro… amo andarli a scovare sulle bancarelle del Cercantico per strada (dove ho scoperto veri tesori). Conservo con amore tre logori volumi di “Guerra e pace” di Tolstoj, acquistati, insieme ad “Eugenia Grandet” di Balzac, tanti anni fa alla fiera di San Giuseppe, qui alla Spezia.
Sono gelosa dei miei libri, li amo, mi hanno dato e continuano a darmi tanto, a tenermi compagnia, a stimolare la mia curiosità, a pormi le domande giuste… Sono creature che meritano rispetto: li presto solo a veri amanti della lettura, a coloro che non li offendono con mostruose orecchie sulle pagine, ma soprattutto a quelli che non devono essere pregati per restituirli!