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D’estate nel Golfo, con la fantasia

giugno 28, 2015 Author: Margherita Bertella Category: Senza categoria  0 Comments

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Venerdì scorso, 26 giugno 2015, alle ore 17.30, al “Bar degli aperitivi” in Corso Nazionale 155 – La Spezia, si è svolto un evento letterario organizzato dal poeta e cantastorie spezzino Enzo Gaia, esperto in tale genere di incontri culturali (i due precedenti di quest’anno erano in calendario a marzo e maggio). Per inciso – lui le definisce “follie letterarie”.

Ci si è confrontati sul tema dell’estate: ha iniziato Enzo, spiegando il significato etimologico della parola, passando poi ad analizzare notizie curiose riguardanti la stagione e ricordando tradizionali appuntamenti dell’estate spezzina, tra cui il “Palio del Golfo”. A tal proposito ci ha regalato la sua poesia “Una giornata di Palio”.

Piera Grassi ha contribuito con la magia della lirica “Notte estiva a Lerici” e, in un secondo tempo, col racconto  breve “Il faro”, ironico e dotato di finale a sorpresa.

Abbiamo quindi ascoltato da Rosa Anna Ianni, maestra nella lettura ad alta voce, l’intenso racconto “La Befana” (che, nonostante il titolo, era assolutamente in tema).

Giuliana Pratesi, col racconto “Nostalgia”, ci ha fatto rivivere le estati di un tempo, trascorse  nelle vecchie case di campagna, sede di festosi incontri fra amici e parenti.

Nadia Portunato ci ha deliziato con tre emozionanti poesie, uscite dalla sua penna delicata.

Fra tutto questo si sono inseriti testi dei grandi Gianni Rodari ed Eugenio Montale, cantore della nostra terra ligure.

Gli aperitivi e stuzzichini della casa hanno rifocillato tutti nell’intermezzo fra la prima e la seconda parte, ma non solo: a ravvivare gli animi avevamo anche uno spettacolare chitarrista-cantore: Marco Cantoni che, oltre a De André, ha coinvolto e trascinato il pubblico presente con l’esibizione di alcuni pezzi spiritosi in dialetto genovese…

Nella seconda parte dell’incontro anch’io ho letto due mie poesie: “Cammino lento”, vagamente montaliana, e “Estate divina”, un inno a questa stagione, che ho personificata nell’immagine di una donna-dea.

Marina Cappellini ci ha infine regalato una tenera fiaba: “Il pesciolino e la forza dell’amicizia”.

A conclusione della serata, Enzo Gaia ha interpretato il testo di una stupenda canzone di C.Baglioni: “Poster”.

A nome di tutti voglio ringraziarlo per la passione che mette nell’organizzare questi incontri e soprattutto per avere ancora una volta dimostrato di possedere il “coraggio della fantasia” (citando le sue prole).
Ebbene sì: in un mondo che va di fretta, esasperato e stritolante, caotico omologato e indifferente, ci vuole coraggio per credere ancora nella poesia dei sentimenti, per difendere il valore delle emozioni, riuscendo a riunire in una piccola sala un gruppo di persone (il numero non conta) che sanno ancora piangere, ridere, divertirsi, donarsi a vicenda un pezzo del proprio vissuto, della propria anima…
C’era calore in sala, c’era partecipazione, si battevano le mani a colpo di musica, gli occhi si sono – a tratti- inumiditi, ci sono stati abbracci nel ritrovarsi, strette di mano nel presentarsi per la prima volta… Ciascuno è uscito, alla fine, sentendosi più appagato e meno solo.

Alla prossima, dunque e… viva sempre la poesia!

Un ringraziamento speciale alla giovanissima Emma, nostra fotografa ufficiale.

“Filosofia di vita”

giugno 20, 2015 Author: Margherita Bertella Category: Senza categoria  0 Comments

barattolo con sassi

Non conosco l’autore o l’autrice di questo piccolo brano, me l’ha consegnato stamani la mia amica Patrizia, che l’ha trovato fra le carte di sua mamma Milly – una persona splendida, scomparsa al termine dello scorso anno, a cui ho voluto e vorrò sempre molto bene. Dal momento che lo trovo delizioso nella sua semplicità, desidero condividerlo con voi tutti.

“Filosofia di vita”

Un professore di filosofia, in piedi davanti alla sua classe, prese un vasetto di vetro vuoto e cominciò a riempirlo con dei sassi, di circa 3 cm. di diametro.
Una volta fatto, chiese agli studenti se il contenitore fosse pieno ed essi risposero di sì.
Allora il professore tirò fuori una scatola piena di piselli, li versò dentro il vasetto e lo scosse delicatamente, ovviamente i piselli si infilarono nei vuoti lasciati tra i vari sassi.
Ancora una volta il professore chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno ed essi, ancora una volta, risposero di sì.
Allora il prof. tirò fuori una scatola piena di sabbia e la versò dentro il vasetto, ovviamente la sabbia riempì ogni altro spazio vuoto lasciato e coprì tutto.
Ancora una volta il prof. chiese agli studenti se il vasetto fosse pieno e questa volta essi risposero di sì, senza dubbio alcuno!
Allora il professore tirò fuori, da sotto la scrivania, due lattine di birra e le versò completamente dentro il vasetto, inzuppando la sabbia.
Gli studenti risero.
“Ora”, disse il prof. non appena svanirono le risate, “voglio che voi capiate che questo vasetto rappresenta la vostra vita: i sassi sono le cose importanti – la vostra famiglia, i vostri amici, la vostra salute, i vostri figli – le cose per le quali, se tutto il resto fosse perso, la vostra vita sarebbe ancora piena. I piselli sono le altre cose per voi importanti, come il vostro lavoro, la vostra casa, la vostra auto. La sabbia è tutto il resto… le piccole cose.
Ma attenzione, se mettete dentro il vasetto per prima la sabbia, non ci sarebbe spazio per i piselli e per i sassi. Lo stesso vale per la vostra vita: se dedicate tutto il vostro tempo e le vostre energie alle piccole cose, non avrete spazio per le cose che per voi sono importanti: dedicatevi alle cose che vi rendono felici: giocate coi vostri figli, portate il vostro partner al cinema, uscite con gli amici. Ci sarà sempre tempo per lavorare, pulire la casa, lavare l’auto. Prendetevi cura dei sassi, per primo ci sono le cose che veramente contano. Fissate le vostre priorità… il resto è solo sabbia.”
Una studentessa allora alzò la mano e chiese al prof. cosa rappresentasse la birra… lui sorrise.
“Sono contento che tu me l’abbia chiesto: era giusto per dimostrarvi che non importa quanto piena possa essere la vostra vita, perché c’è sempre spazio per un paio di birre.”

Una cattedrale di luce

aprile 23, 2015 Author: Margherita Bertella Category: Senza categoria  0 Comments

 

cattedrale

Nel mio romanzo “A Rischio di vita”, Ibiskos Editrice Risolo 2013, il protagonista Piero Corradi, adolescente sensibile e amleticamente tormentato, alle prese con la realtà di una famiglia stravolta e smembrata (la madre ha tradito il padre, artista eclettico fuori dagli schemi, andando a convivere col fratello di lui, ingegnere tanto stimato e affidabile, quanto odioso agli occhi di Piero), durante le vacanze di Natale – che trascorre nella lussuosa villa dello zio – incontra Caterina, una Ofelia da me rivoluzionata, forte e decisa, che non soccombe come il personaggio shakespeariano, anzi riuscirà a mostrare a Piero stesso una via di salvezza dalle proprie paure.
La figura di questa ragazza è uno dei motivi-chiave del libro e mi piace riportare qui lo stralcio di una lettera che Piero le scrive (nel romanzo Piero scrive a più riprese, su di un vecchio block notes, dando sfogo ai moti dell’animo; il tema della scrittura come terapia è uno degli altri motivi-chiave del testo). Il ragazzo definisce Caterina “cattedrale di luce”, riconoscendole un potere salvifico e illuminante.

“All’età di nove anni mio padre mi mostrò una “cattedrale di luce”. Inventava queste definizioni, lui.  Hai presente quando i raggi del sole filtrano attraverso uno squarcio delle nubi più nere? Papà disse che non è facile scorgerne una, ma quando succede, in qualunque posto ci si trovi, qualsiasi cosa si stia facendo, vale la pena fermarsi e rimanere col naso all’insù. Restammo a un angolo di via, in un tetro pomeriggio invernale, a lasciarci spintonare dai passanti e viaggiare nella scia della cattedrale di luce. Non ricordo di averne più viste da allora, né di avere seguito il consiglio di papà. Finché non sei arrivata tu.
Ma che cavolo sto dicendo? Mi tremano le mani e, se fossi saggio, non continuerei. Non si parla così a una ragazza, suppongo, specie dopo che la si è offesa come ho fatto io stanotte, anzi, stamattina. Non cerco scuse, tipo: stavo male ero invasato ho perso la testa anche tu, però, mi hai provocato. Ti sei presa cura di me, ti sei fermata ad ascoltare i miei silenzi, oltre che i miei farfugliamenti, mi hai guardato dentro. Forse era troppo. Forse ho avuto paura. Così ho tentato di distruggerti. Ma tu non puoi lasciarti spegnere da uno stronzo come me. Uno che non ti vuole, non ti cerca, non ti apprezza, uno che ti accarezza solo per farti male, uno che ti assale. Uno che non ce la fa a miagolarti quanto sei dolce, intelligente, carina.  Non è questo Caterina. Non so dirti cosa sei. Se fossi un poeta ti direi che sei il balzo della spuma sullo scoglio, il rigoglio della primavera, la brezza ruffiana della sera, il volo della colomba dopo il diluvio universale, l’onda di marea che sale, l’esplosione scarlatta dei gerani sul balcone, il profumo del melone, un grappolo di sole sulla pelle, la cintura di stelle indossata dalla notte nelle occasioni speciali, le ali variopinte del fringuello, il castello abbarbicato sulla roccia, la goccia che scava, la lava del vulcano che scorre verso il mare, il sapore del sale, il velo della pioggia fra i pini, il chiarore di certi mattini, l’insieme dei mali racchiusi nel vaso di Pandora, tu sei la sola a cui, se avessi abbastanza coraggio o incoscienza o fede, chiederei di camminare al mio fianco, io che sono nato stanco. Ma siccome sono Piero ti dico: va’, torna a casa da papà e seppellisci questa parentesi natalizia con l’aiuto del tuo amico (quello degli sms) e di tutti quelli che verranno! Ti autorizzo a ridere con loro alle mie spalle, io sarò contento, ti assicuro, sarò beatamente disperato. Ecco qua sintetizzato quanto volevo dirti, da quando mi sei scoppiata dentro: un colpo di fucile sparato a bruciapelo, che non ti rendi conto, ancora respiri e sei spacciato”………. ……… ……..

il divino cantore

aprile 04, 2015 Author: Margherita Bertella Category: Senza categoria  0 Comments

 

Orfeo Antiochia

Dedico questo breve brano a tutti i poeti, di cui il “divino cantore” Orfeo è padre universale. Lui che, con la forza del suo canto, riusciva ad ammansire anche le fiere, lui che discese agli Inferi per riportare in vita la sua sposa, lui che fece breccia perfino nel cuore di Ade-Plutone …
L’accenno alla testa di Orfeo si riferisce al mito secondo cui il suo corpo fu fatto a pezzi dalle Menadi seguaci di Dioniso e da questo invasate (il dio Dioniso – Bacco per i Latini – era irato contro Orfeo che, dopo la morte dell’amata Euridice, disdegnava il piacere, dedicandosi tutto al canto, alla poesia, quindi alle prerogative di Apollo).
La testa, tuttavia, e la lira del “divino cantore” si salvarono: Apollo trasformò la lira nella costellazione omonima, mentre la testa di Orfeo cadde nel fiume Ebro e da lì navigò fino all’isola di Lesbo, culla della poesia, e si dice emettesse oracoli…

Il divino cantore

Il poeta è profeta, lo dice la testa di Orfeo, che non era un babbeo: sapeva ammansire le fiere, placare l’animo dei mortali, scendere nei fondali neri dell’Inferno, incantare Plutone…
La poesia supera barriere, t’inventa scogliere in mezzo al deserto, dondola culle fra cespi di rose, la poesia veste le spose, odor di mimose e fragole rosse, la poesia copre le fosse di fiori, spruzza i colori dell’arcobaleno, supera vette, fa piover saette…
La poesia non va a ore, ma ti guizza nel petto a momenti, così come viene, magari sei preso nelle catene del mal quotidiano e ti senti giù in fondo un languorino, che non è voglia d’un panino, ma la voce profonda ch’affonda il pugnale nel cuore: vien su nel dolore, nel fuoco dell’ira, nel tremito arcano della paura – non esser sicura di niente… Ti balza alla mente alle cinque di sera o anche all’alba, quando sei lì che bevi un po’ d’acqua in cucina e sollevi un’imposta: c’è un drappo di stelle, si vede anche l’Orsa Maggiore…
“Il corridore dei sogni”: potrebbe essere il titolo di un film, protagonista un poeta che viaggia su una troika trainata da stelle e arriva in tutto il mondo, nelle teste dei bambini, le mamme, i cugini, le nonne, le suore e porta parole per tutti i gusti e le occasioni, ma più che parole sono emozioni: è vedere la luna nel pozzo e il sole in faccia a un malato, l’anello caduto nel lago in bocca ad un pesce che esce dai flutti e poi vola lontano, è il nano per mano al gigante, sono le piante di gelsomino, il sorriso sdentato d’un vecchio bambino, un fiore che spunta fra rocce, le gocce di pianto d’un mare salato, è il gelato a dicembre, la febbre stroncata di botto grazie al decotto d’erbe della nonna, la gonna rossa indossata sotto il cappotto di pelo, il gelo d’un rubinetto, l’anima risalita dal tubo di scarico dove l’avevi gettata, l’insalata col pomodoro, l’oro della pelle, le caramelle appiccicose che ti piacciono tanto, il canto d’un gallo che rompe alle quattro, il riso del matto.

Margherita Bertella, da “Memoria e crepuscolo: intramontabili muse”, Helicon 2011

Anima

marzo 19, 2015 Author: Margherita Bertella Category: Senza categoria  2 Comments

 

Scarabeo Dorato di Kirantas

Oggi voglio parlare di una delle prime poesie che ho composto, vari anni fa: “ANIMA”.
Rappresenta il mio paesaggio interiore ed è a me molto cara. Mi è venuta fuori di getto, come sempre accade quando scrivo (narrativa o poesia): dopo aver fermentato a lungo dentro me, era pronta ed è venuta alla luce.
Le immagini che vi appaiono mi hanno fatto riflettere in un secondo tempo, quando sono andata a rileggerle e a “leggermi”.
In particolare l’immagine finale: lo scarabeo “incastrato” nel fondo di una forra. Specifico che inserire quell’insetto non è stato intenzionale, è uscito fuori da solo! Ma approfondendo, in seguito, il significato simbolico dello scarabeo, ne ho scoperto la bellezza.
Sì, perché lo “scarabeo stercorario” per gli Egizi rappresentava la resurrezione: essi credevano che questo insetto potesse rigenerarsi dalla palla di sterco che fa rotolare davanti a sé (ricordo lo “stercorario” dai filmati piacevolissimi che proiettava la prof. di scienze al liceo). La palla stessa (seppure fatta di sterco) essendo tonda, ricorda il disco solare che rinasce dopo la notte. Inoltre, amuleti a forma di scarabeo venivano posti sopra le mummie, simboleggiando la rinascita del defunto, ma venivano anche portati dai vivi come monili. L’uso dello scarabeo con significato di rinascita si estese poi ad altri popoli: fenici, cartaginesi, greci, etruschi e fra i primi cristiani…
Nella mia poesia lo scarabeo oltretutto è d’oro, quindi prezioso! Rappresenta la parte più interna, il nucleo della mia anima, e anche la creatività, la capacità di creare con la fantasia, il potere salvifico delle arti….
Lo scarabeo grida “Fammi uscire!”, perché se io mi ostino a tenerlo soffocato giù in fondo lui muore, ma muoio anch’io. Se invece lascio che salga alla luce, potrà volare nel sole, ed io con lui.

 

ANIMA

Schegge di luna e lava di vulcani
ardono nell’anima mia. Poesia.
Laggiù disegna un fiume i suoi meandri
serpeggiando s’inabissa, trascina
tronchi morti, rallenta poi riprende
la corsa che lo porta chissà dove.
Amara vallata dell’inquietudine
nei tuoi gran cieli sprazzi d’ali bianche
lente calan tra il cupo della notte.
Già il vento squassa querce sulle alture
rimbomba il tuono rotola si schianta
baluginio d’affocati orizzonti…
piovon rade scintille siderali.
Incastrato nel fondo d’una forra
lo scarabeo d’oro va gridando:
<<Fammi uscire!>>