Nel suo stile scabro e asciutto, scevro da fronzoli e raffinatezze, ma potente ed energico come la sua anima, London disegna la figura di Martin Eden, un suo drammatico e immortale alter ego. Personaggio indimenticabile, Martin è un rozzo marinaio che salva da un’aggressione Arthur Morse e ne conosce la sorella Ruth, affascinante ragazza borghese, piena dei pregiudizi della sua classe. Ruth, il cui ideale di bellezza maschile era sempre stato formato da grazia e finezza, prova attrazione e ripulsa contemporaneamente verso quel giovane energico, quella sua forza fisica, scopre in sé la voglia di posare le mani su quella nuca vigorosa… Martin, dal canto suo, la vede come una dea, un essere superiore, e s’impegna a trasformarsi, a studiare, a leggere di tutto, disordinatamente, per elevarsi a livello di lei, dimostrando facilità e velocità di apprendimento. Ruth, come scrive l’autore “era la prima volta che aveva un’anima fra le mani, e l’argilla di quell’anima era delicata da trattare, giacché lei immaginava di modellarla, e aveva buone intenzioni…. sentiva di avere dei diritti su di lui, ed egli eservitava su di lei un influsso tonico…” Presto matura in Martin il desiderio di diventare scrittore e si getta a produrre opere di ogni genere: poetico, comico, satirico, narrativo, giornalistico ecc… che vengono regolarmente respinte dagli editori.
Per potere continuare a scrivere e studiare s’indebita, trova lavoro in una lavanderia, vive miseramente, si riduce alla fame. La madre di Ruth, cui la ragazza confida l’attrazione per Martin, e così il padre, non approvano l’interesse della figlia verso il giovane, lo accusano di avere idee socialiste, di essere un buono a nulla, non era questo il futuro che avevano previsto per lei, tuttavia non temono il fidanzamento, certi che prima o poi la loro figlia si renderà conto dell’abisso incolmabile tra sé e il suo innamorato. Ruth infatti, testimone degli insuccessi letterari di Martin, desiderosa solo di una unione stabile, gli suggerisce di trovarsi un lavoro nelle ferrovie, o nella ditta del padre, non comprende l’ansia di Martin, perché lui non demorda, perdendosi dietro un sogno di successo irrealizzabile. Si arriva alla rottura del fidanzamento, che getta Martin in una delusione profonda. Solo un poeta socialista, Russ Brissenden, conosciuto a casa Morse, incoraggia Martin a non arrendersi. Il successo arriva infatti, insperato e travolgente: le opere di Martin sono accettate finalmente e pagate e pubblicate.
Ma qualcosa si è spezzato nel suo cuore: lui non riconosce più legami né con la sua classe di appartenenza (non gli danno più piacere le risse, le bevute con gli amici, le conquiste amorose), né con quel mondo vacuo e ipocrita che aveva conosciuto frequentando Ruth e in cui mai si era inserito. Il denaro, la montagna di dollari guadagnati, la fama, gli inviti a pranzo da parte della borghesia che fino ad allora lo aveva guardato con disprezzo, neppure Ruth stessa che lo raggiunge al suo albergo una sera, dichiarandosi pentita e offrendoglisi… nulla può ridargli la primitiva semplicità e innocenza e gioia di vivere. Disgustato, s’imbarca alla volta dei mari del Sud, ma sulla nave, sopraffatto dal suo disinteresse per il mondo e gli esseri umani, pone fine alla sua vita lasciandosi scivolare in mare.
Fortemente autobiografico, il romanzo ripercorre le tappe dello scrittore London, la sua fatica a farsi accettare e pubblicare dall’editoria, gli anni di miseria, poi i grandi successi, la fama, la fine misteriosa… a soli quarant’anni.
London ha la medesima forza fisica, energia ed entusiasmo di Martin, la voglia di avventura (si pensi alla miniera di esperienze accumulate, al suo vagabondaggio per tutta l’America, fino a spingersi nel Klondike fra i cercatori d’oro, alla corrispondenza di guerra, all’acquisto dello Snark, lo yacht con cui avrebbe voluto fare il giro del mondo e che non resse alla furia del mare). Come Martin, London sembra non voler fare altro in tutta la vita che tentare di minare l’eccezionale fisico donatogli da madre natura, senza risparmiare la fatica, dandosi a tutti gli eccessi, dilapidando il denaro guadagnato, unica sua compagna fedele: la bottiglia.
Romanzo autocelebrativo e autodistruttivo nello stesso tempo, forse meno conosciuto dei celeberrimi “Zanna Bianca” e “Il richiamo della foresta”, Martin Eden avvince dalla prima all’ultima pagina e merita di essere letto attentamente anche dalle nuove generazioni come testimonianza di vita vera, insieme a tutta una serie di affascinanti racconti anch’essi poco noti.